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martedì 13 ottobre 2009

Et voilà!

Alba a Milano



Finalmente ci siamo decisi a pubblicare il primo capitolo del nostro racconto!

Speriamo possiate trovarla una lettura piacevole e stimolante!


Gli scrittori_improvvisati



Capitolo Uno

Era una mattina uggiosa nella periferia di Milano. L’alba era da poco passata e l’umidità tipica d’inizio primavera, quando ancora c’è quell’aria fredda e invernale, penetrava nelle ossa di giovani e anziani. Alcune auto correvano svogliate sull’asfalto per una nuova, noiosa giornata di lavoro.
Ma quello era un giorno particolare per Marco Brambilla perché sarebbe dovuto andare al suo primo colloquio di lavoro: cameriere e barista in una trattoria fuori Milano. Trovò quel posto grazie ad uno stage con la scuola, l’Istituto Professionale Carlo Porta. Questo era il suo ultimo anno e voleva avere già un lavoro per quando non avrebbe più dovuto studiare. Marco era in terza BS e non era dotato di una grande intelligenza, anzi era piuttosto scemo, nonostante non fosse mai stato bocciato durante la sua carriera scolastica. Era un ragazzo dai capelli castano chiaro, come gli occhi: in realtà era una persona abbastanza anonima al primo impatto. Ma al Carlo Porta, tutti gli alunni e gli insegnanti avevano almeno una volta sentito parlare di lui: era molto ingenuo e si faceva fregare dalle persone spesso e con molta facilità. Per questa sua mancanza, era preso di mira da professori e studenti.
L’anno precedente un compagno gli aveva offerto una merendina.
- La macchinetta me l’ha data per sbaglio, a me non piace. Tienila – gli aveva detto.
In realtà il ragazzo, con i suoi amici, aveva messo del lassativo dentro la merenda. Marco aveva accettato entusiasta quel regalo così inaspettato. Per poi pentirsene amaramente quando trascorse tutto il pomeriggio in bagno. Si possono immaginare le derisioni del giorno dopo sull’accaduto.
Il possibile datore di lavoro aveva proposto a Marco di fare il colloquio via webcam. Ma il giovane non era pratico di Internet e dei computer in generale. Riusciva a malapena ad accendere il monitor e quindi rifiutò l’offerta per potersi incontrare di persona con il padrone della trattoria. Basti pensare che quando frequentava le scuole medie, durante la prima lezione di informatica, chiese al professore il modo in cui si accende un computer.
- Prova con la forza del pensiero – aveva detto il professore con un tono ironico.
Lui, che poveretto era un po’ tardo, aveva preso alla lettera le parole dell’insegnante. Concentratissimo fissava il computer con le dita sulle tempie e gli occhi strizzati per lo sforzo nel tentativo di accenderlo. Compagni e professore, evidentemente dotati di molta poca creanza, lo guardarono deridendolo senza aiutarlo, per più di dieci minuti. Fu una scena molto penosa.
Erano da poco passate le sei quando suonò la sveglia. Marco voleva fare bella figura al colloquio e nonostante l’appuntamento fosse alle dieci, aveva intenzione di uscire di casa alle sette, sette e mezzo al massimo per trovarsi alla trattoria con un po’ d’anticipo. In realtà partiva così presto anche perché il posto distava circa un’ora da casa sua in auto. Ma Marco era molto pigro e pospose la sveglia per cinque volte prima di trovare la voglia di alzarsi dal letto.
Appena uscì dal tepore delle sue coperte, un brivido di freddo gli percorse la schiena. Stava così bene al calduccio, sotto il piumone decorato con i personaggi di un cartone animato della Disney, che la tentazione di tornarci fu molto forte. Con un enorme sforzo di buona volontà si alzò e si avviò verso il bagno. Fece scorrere l’acqua della doccia qualche minuto affinché diventasse calda quel tanto che bastava per fiondarsi dentro senza gelare. Rimase pacifico sotto quello scroscio bollente per un tempo a lui parso molto breve. Ma alle sette la madre entrò in bagno.
- Guarda che sono le sette passate. – gli comunicò – Spero tu non abbia intenzione di farti notare già dal primo giorno!
- Ma mamma, perché non mi sei venuta ad avvisare prima? – gli urlò di rimando in malo modo.
- Beh, sarebbe anche ora che iniziassi ad arrangiarti – e se ne andò sbattendo la porta.
Quella povera donna era costretta ad assisterlo come un bambino da sempre: gli metteva i libri nello zaino la mattina e gli preparava il suo panino alla marmellata, acquistava i suoi abiti, lo serviva e lo riveriva. Si può capire la speranza che riponeva nel nuovo lavoro, perché gli conferisse un po’ di responsabilità e maturità.
Finalmente Marco uscì dalla doccia per farsi la barba. Si lavò i denti, si pulì le orecchie e si profumò con il suo dopobarba. Quando arrivò in camera, indossò prima i suoi jeans preferiti e poi il cardigan viola e la camicia a quadri preparatigli sulla sedia dalla madre. L'ansia che gli metteva il dover affrontare questa giornata, gli fece dimenticare la colazione. Si infilò nella giacca firmata e prese la sua borsa a tracolla.
Uscì di casa salutando la madre con un bacio distratto e agguantando le chiavi della sua Vespa 50 special appoggiate in bella vista sulla credenza in entrata, perché non se le dimenticasse.