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giovedì 18 febbraio 2010

Capitolo 2

"Ci sedemmo sulle seggiole della vecchia altalena che avevo in giardino. Era un miracolo che fosse ancora in piedi."


Ecco pubblicato il secondo capitolo del nostro terzo racconto.


Buona lettura


Gli scrittori_improvvisati

Capitolo 2

Io e Davide ci alzammo poco dopo prima delle sette nonostante fosse domenica. Eravamo distrutti, in tutti i sensi che questa parola può avere. Rubò una ventina di euro dal portafoglio dei suoi e andammo nel garage.
- Ti va se andiamo in centro? - mi domandò – Almeno andiamo in un bar decente a fare colazione.
- No, non ho tanta voglia.
- Che facciamo? – mi domandò.
- Vabbè, accompagnami a casa mia. – gli risposi.
- Okay, andiamo.
Mi consegnò il suo casco e inforcò la motocicletta. Era una gran bella moto, una 125 perché a diciassette anni potevi guidare anche quelle. Era blu e argentata e la sentivi ad un chilometro di distanza: siccome Davide aveva modificato la marmitta faceva un frastuono assordante. Non senza qualche difficoltà salii in moto e andammo prima a casa mia.
Ci sedemmo sulle seggiole della vecchia altalena che avevo in giardino. Era un miracolo che fosse ancora in piedi.
- Dici che hanno già trovato il corpo? – sussurrai a Davide.
- No, eravamo abbastanza imboscati. Per conto mio prima di questo pomeriggio non se ne accorgerà nessuno, nemmeno sua madre. – mi rispose pensieroso.
Aveva le ciglia aggrottate, perso in un pensiero profondo che sembrava turbarlo non poco.
- Il problema vero, - continuò – sarà inventarci una storia che regga da raccontare alla gente e alla polizia.
- Potremmo dire che eravamo andati a farci un giro a Brendola e che quella sera Luca non era con noi. Non abbiamo incontrato nessuno ieri sera che potrebbe contraddirci.
Lui rimase assorto nei suoi pensieri.
- È l’unica cosa che possiamo inventarci del resto. – disse – L’importante è non contraddirsi, sennò capiscono che nascondiamo qualcosa. Inventiamoci una storia che deve rimanere immutata anche se qualcosa non va. Ok?
- Sì sì, certo. Potremmo dire che siamo rimasti tutta la sera alla panchina, del resto non sarebbe nemmeno una bugia.
- E se c’è andato qualcuno prima di noi? Non possiamo raccontare una balla se non siamo sicuri di poterla confermare.
Aveva ragione. Possibile che fosse sempre dalla parte del giusto? Possibile che non sbagliasse mai nulla nella sua vita? Quanto era perfetto.
- Magari diciamo che avevamo deciso di trovarci al parco però Luca non arrivava così, dopo averlo aspettato un sacco di tempo, ce ne siamo andati. Quando poi lui è arrivato noi non c’eravamo. E noi non sappiamo niente di quello che è successo. – propose.
Era una trovata fantastica: finché eravamo stati al parco ancora tutti e tre vivi, non era passato nessuno.
- Beh, una storia meglio di questa non la troviamo di certo. Ora dobbiamo pensare bene agli orari. Che ore erano quando Luca aveva sbattuto la testa? – domandai.
- Erano da poco passate le ventitré, mi sembra di ricordare.
- Possiamo dire, allora, di essere arrivati alle nove al parco e di aver aspettato Luca fino alle dieci e mezzo. Dopodiché ci siamo rotti e siamo andati via.
Mi stavo auto convincendo che le cose erano andate veramente così, riuscivo quasi a sentire il nervoso che mi aveva fatto venir Luca non presentandosi ieri sera. Quello là faceva sempre quello che pareva a lui, disinteressandosi degli altri. E siccome era talmente stupido da non riuscire ad usare un maledettissimo cellulare era anche impossibile rintracciarlo.
Sì, erano andate così le cose, ne ero assolutamente convinta.
- Se ci chiedono cosa abbiamo fatto mentre lo aspettavamo, cosa gli rispondiamo? – mi domandò Davide. Stavamo pensando ad ogni singolo particolare.
- Diciamo che abbiamo parlato.
- E di che cosa? Non dobbiamo tralasciare niente Mary. – mi fissava negli occhi mentre mi parlava. Capii che la storia non lo convinceva tanto quando persuadeva me. Pensava che fossi troppo ingenua, glielo leggevo sul volto. Credeva che fossi troppo stupida per riuscire a tenere il gioco.
- Potremmo dire che eravamo un po’ brilli e che quindi facevamo gli idioti. – gli dissi – Almeno abbiamo una scusa da usare se non ricordiamo tutti i particolari.
Era una buona idea tutto sommato, certo non all’altezza delle sue, ma convincente.
- Sì, ci può stare. Comunque ci converrebbe lo stesso trovare un argomento. Metti caso che ci portino in centrale di polizia, ci chiederebbero di sicuro qualcosa di questo genere.
- Diciamo che abbiamo parlato dei nostri ricordi di’infanzia, o comunque una cosa così. Tanto ci conosciamo da un sacco di anni e le abbiamo passate tutte insieme. Non sarà difficile trovare qualche aneddoto da raccontare. E se ci domandano perché parlavamo di sciocchezze del genere, possiamo rispondergli che eravamo un po’ andati e che ci stavamo divertendo anche così.
- Fatta, così è perfetta. – rispose. Ora stava iniziando a convincersi anche lui della nostra storia.
Se c’era una cosa che ero brava a fare quella era inventare balle. Ero imbattibile perché quando le raccontavo ne ero convinta fino all’osso: riuscivo a convincere anche me stessa di quello che stavo dicendo. Non ero mai riuscita a capire, però, se questo accadeva perché ero brava a raccontarle o perché ero talmente stupida da imbrogliarmi da sola. Ma di certo, era più bello pensare che si trattasse della prima cosa.


Federica Magnabosco, Matteo Zoppello, Diego Lombarda.