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martedì 24 novembre 2009

SFORNATO ANCHE IL QUINTO!


Toro non ancora scatenato




Con una tastiera ancora fumante dalla foga con cui abbiamo
scritto queste righe intense, vi presentiamo il
quinto capitolo del nostro racconto.



Buona lettura!



Gli scrittori_improvvisati




Capitolo Cinque

- Mi sei mancata amore – fu il saluto del ragazzo di Arianna alla giovane.
Era un uomo, aveva almeno dieci anni più di lei. Indossava un chiodo, il giubbotto nero in pelle che usualmente indossano i metallari, che faceva risaltare la sua imponenza e i suoi muscoli. E puzzava. Puzzava di un misto fra alcol, fumo e sudore.
“Già, ad Arianna sono sempre piaciuti i duri” fu l’unico pensiero di Marco.
L’uomo non si preoccupò minimamente del ragazzo e continuò a coccolare la sua ragazza.
- Amore, lui è un mio amico, si chiama Marco. – lo presentò Arianna dopo alcuni interminabili minuti – Marco, questo è il mio ragazzo Cesare.
Cesare squadrò Marco dalla testa ai piedi: aveva una scarpa e parte dei jeans totalmente fradici, sapeva di benzina (ma non sentiva il puzzo di sudore del ragazzo perché era ormai abituato al proprio) e aveva pure la cerniera dei pantaloni aperta. L’unico pensiero fu: “Ma da dov’è saltato fuori questo?”.
- Ehm, piacere – provò a presentarsi Marco porgendo la mano in segno di saluto.
- Sì, come ti pare – lo fulminò il metallaro, continuando ad ignorarlo e concentrando tutta la sua attenzione sulla ragazza.
- Dai, non essere scortese tesoro. Salutalo almeno! – disse Arianna tentando di aiutare l’amico.
- Come posso badare a lui quando ho di fianco a me un angelo?
A questo punto, anche Arianna perse tutto l’interesse per Marco e si dedicò solo a Cesare.
“Lecchino bastardo” pensò Marco, trafiggendolo con un'occhiataccia. Per sfortuna del povero ragazzo, l’omone se ne accorse.
- Questo stronzo ha il coraggio di guardarmi storto? Ora te lo storco io a dovere il muso! – ululò Cesare.
- No, ma che dici! Io non ho fatto proprio niente! – tentò di difendersi Marco.
- Dai amore, Marco non ti ha guardato male, sarà stato uno strano gioco di luci. – andò in suo aiuto Arianna.
La pena che provava la ragazza continuava a crescere. “Ma cosa va a mettersi nei pasticci con uno come Cesare che lo stende solo guardandolo. Ma che stupido!” pensava “ Speriamo che Cesare lo lasci perdere. Poveretto!”.
- Ma che luci! Qua sta solo piovendo e con questi finestrini appannati non riuscirebbe ad entrare neanche un solo raggio di sole, se anche ci fosse. – continuò Cesare.
- No, fidati, non ti ho guardato male. Non mi permetterei mai! – si difese disperatamente Marco.
- Che vigliacco! Non ce le hai proprio le palle! Ti lascio perdere solo perché non ci sarebbe neanche gusto a darti una lezione.
- Ben detto! – esclamò Marco con molta, molta enfasi.
Marco non si rese affatto conto del fatto che le sue parole erano sembrate una vera e propria presa per i fondelli.
- Ma allora te le cerchi piccoletto – disse Cesare alzandosi per dirigersi verso Marco.
- Fermata di Cormano-Brusuglio! – annunciò l’altoparlante, salvando il giovane in corner.
Per Marco fu un sollievo. Si fiondò verso l’uscita del vagone, nella speranza che le porte fossero già aperte. La fermata annunciata, era quella che precedeva la sua, quella di Cusano, ma doveva salvarsi in qualche modo dal ragazzo di Arianna. Sentiva come il fiato di un toro alle sue spalle: ancora pochi centimetri e sarebbe stato incornato.
Il treno era ancora lievemente in movimento e per questo motivo le uscite erano bloccate. Dovette quindi fare uno sforzo: attraversò qualche carrozza seguito dal bestione che lo rincorreva con il chiaro intento di fargli del male, mentre in sottofondo si sentiva vagamente l’azzurra voce di Arianna che pregava il proprio ragazzo di “lasciar perdere quel povero sfigato”.
Marco, sconvolto dalle parole della giovane bloccò all’istante la sua fuga. Ebbe appena il tempo di girarsi verso Arianna, che un gancio di Cesare lo colpì in pieno stomaco, stordendolo e facendolo crollare a terra.
- Ma sei scemo! Lo uccidi uno se gli tiri dei cazzotti del genere! – gli urlò contro la sua ragazza.
- Modera il linguaggio bambina, devo ancora iniziare con lui. – muggì l’uomo.
- Signore, ma che maniere sono! – lo rimproverò una vecchina, l’unica passeggera presente su quel vagone – Non tratti così questi due poveri giovincelli, non possono averle fatto nulla di così grave da scatenare una reazione tanto esagerata.
- Nonna, stia zitta se non vuole che poi me la veda anche con lei – sbraitò Cesare assestando un piccolo calcio con i suoi grandi anfibi sul volto gemente di Marco, quasi fosse un semplice tic.
- Ma come si permette, chi le ha insegnato l’educazione? Cosa le da il permesso di compiere simili barbarie? Signor controllore, signor controllore! – iniziò a urlare la signora in cerca di un aiuto.
Subito uscì dal bagno il controllore che prima aveva interrogato Arianna e Marco.
- Ancora lei signorina! Cos’ha combinato ora?
- Oh, caro signore, quella povera ragazza non ha fatto nulla. Questo bruto imbufalito, invece, ha aggredito senza alcun motivo un povero giovane – iniziò a raccontare la vecchina indicando il punto in cui prima era disteso inerme Marco.
Ma ora non c’era più nessuno.
Approfittando del caos scatenato dalla signora, che aveva distratto quell’ammasso di muscoli che era Cesare, Marco si era trascinato fino alla porta ed era riuscito a scendere dal treno sulle sue gambe poco prima della chiusura delle porte.
Osservò il treno partire e vide lo sguardo vendicativo dell’attaccabrighe che al di là del finestrino lo minacciava. Non ebbe però il coraggio di scrutare negli occhi di Arianna.
“Ma sono proprio tutti scemi oggi” pensò e si avviò stringendosi forte lo stomaco verso l’uscita della stazione. Aveva tanta strada da fare e poco tempo a disposizione per percorrerla.