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giovedì 11 marzo 2010

Capitolo 5


"Fino a un secondo fa ero assolutamente convinta che avremmo dovuto confessare tutto [...] ed ora ero persuasa del contrario, ero certa che non avremmo mai e poi mai detto una parola."

Pubblichiamo ora il quinto capitolo.
Augurandovi una buona lettura.


Gli scrittori_improvvisati


Capitolo 5

Il commissario fissava assorto il paesaggio fuori dalla finestra. Cresceva dentro di lui il presentimento che fosse stato il preside pedofilo ad uccidere il ragazzo. Nella lettera ricattatoria che Luca gli aveva scritto, oltretutto, lo chiamava D.M., proprio come aveva scarabocchiato sulla neve. Era certo che fosse stato il preside ad ammazzarlo: se lo immaginava che gli sbatteva la testa contro il muro. L’unico problema è che se una persona ha intenzione di ucciderne un’altra, non lo fa tirando testate contro un muro, pensava il poliziotto. Questo fatto non lo convinceva nemmeno un po’ e gli dava molto da pensare.
Dopo aver bussato, entrò nella stanza l’agente con cui il giorno prima aveva scoperto la tresca del direttore.
- Signore, la ragazza ha confermato l’alibi del preside. – comunicò tutto d’un fiato il giovane.
- È facile che stia mentendo, non dobbiamo darle troppo credito. – rispose il commissario, dentro di sé profondamente convinto che il colpevole fosse il preside.
- Ma signore, anche il proprietario del ristorante, un caro amico del direttore, conferma la loro storia. – continuò il poliziotto.
- Potrebbe essere anche lui un bugiardo che vuole coprire il suo caro amico pedofilo. – il commissario non voleva credere che fosse stato qualcun altro all’infuori del preside.
- Non possiamo condannarlo per pedofilia. Signore, la ragazza si è dichiarata innamorata del preside e dice di non aver subito alcuna violenza o comunque di non essere mai stata trattata male. Tutto ciò che ha fatto, l’ha fatto di sua spontanea volontà.
- Dannazione, saremo costretti a rilasciarlo.
- Temo di sì signore.
Non andai a scuola la mattina, ero troppo stravolta. Aspettai per tutta la mattinata una chiamata di Davide che non arrivò. Così, nel primo pomeriggio decisi di chiamarlo e ci accordammo per trovarci mezz’ora dopo alla panchina. Mi misi addosso le prime cose che trovai, mi truccai ed uscii di casa, con grande sorpresa di mia madre: non uscivo dalla mia stanza da più di ventiquattr’ore, nemmeno per andare in bagno e così di punto in bianco andavo fuori casa senza nessun apparente motivo.
Quando arrivai ero in anticipo di almeno un quarto d’ora, ma lui era già lì. Mi sedetti di fianco a lui e, dopo un lungo silenzio, gli feci la domanda che mi tormentava da sabato sera:
- Secondo te finiremo in prigione?
- Penso di no e comunque non ce lo meritiamo. È stato solo uno stupido incidente. – mi rispose guardandomi dritta negli occhi.
- Ma allora non ci converrebbe confessare? Almeno se diciamo la verità non rischiamo tanto.
- Io non voglio finire in galera, nemmeno per cinque minuti.
- Ma se ci sgamano ci rimarremo per vent’anni, invece per un omicidio colposo ti prendi cinque anni al massimo. Alla fine ci rimarremmo per due anni, contando la buona condotta e il fatto che siamo minorenni.
- Anche se non confessiamo la sua morte è avvenuta per sbaglio, quindi gli anni sono sempre gli stessi. – mi rispose con un tono a mezza via tra il sarcastico e l’arrabbiato.
- Sì, ma capisci che se abbiamo sempre raccontato loro palle non ci crederanno quando diremo che l’abbiamo ammazzato per sbaglio, ma supporranno che l’abbiamo ucciso volontariamente. – continuai nel tentativo di convincerlo – Secondo me dovremmo dire come sono andate le cose realmente, rischiamo molto meno.
- No, dobbiamo stare zitti Mary, anche perché sei tu quella messa peggio e che rischia di rimetterci di più. Inoltre fai diciotto anni fra due mesi, quindi per il processo potresti già essere maggiorenne. Io almeno li compio quest’estate ed è improbabile che il processo sia ancora in corso. – mi disse grave Davide.
- E allora confessiamo subito, così non corro il rischio di essere maggiorenne per il processo. – mi alzai e lo presi per mano – Andiamo subito in commissariato e raccontiamo loro la verità!
Si alzò, ma rimase fermo sul posto, nonostante io lo tirassi per la manica nel tentativo di andarcene.
- Davide ti prego, io non voglio rovinarmi la vita per uno stupido incidente! – gli dissi con le lacrime agli occhi – Andiamo, ti prego!
- Dai Mary, non fare così. – mi disse abbracciandomi - Se non vuoi rovinarti la vita, non andare a dire nulla ai poliziotti. Se avessero avuto realmente dei sospetti su di noi, adesso saremmo là da loro ad essere interrogati. Ma non ci siamo, quindi non pensano che siamo stai noi.
- Ma invece l’hanno capito ieri, quando mi sono bloccata e non ho saputo come comportarmi. L’hai visto come mi ha guardata? Come se avesse esaminato la mia mente e leggendo fra i miei ricordi avesse capito che avevo ammazzato Luca.
- Se fosse realmente così ora saresti già in cella. Ma loro non hanno capito assolutamente niente, non hanno capito che siamo stati noi. E noi dobbiamo continuare a non farglielo intuire, dobbiamo recitare bene la nostra parte. Ora loro ti assilleranno di domande perché hanno capito che sei più debole. Ma tu non cederai e dimostrerai loro che sei forte e che con l’omicidio non c’entri nulla. Ok?
Annuii, incapace di frenare le lacrime. Fino a un secondo fa ero assolutamente convinta che avremmo dovuto confessare tutto ciò che avevamo fatto ed ora ero persuasa del contrario, ero certa che non avremmo mai e poi mai detto una parola. Mi sarei fatta un applauso per la mia coerenza, ma ero troppo occupata a disperarmi fra le braccia di Davide.
Fummo interrotti da una chiamata sul mio cellulare: era mia madre.
- Pronto mamma? – risposi.
- Mary, tu e Davide dovete tornare in questura. Hanno bisogno di voi.
Non risposi. Qualunque cosa avessi detto, sarebbe stata una maledizione contro me, Davide, Luca, la polizia e tutta questa dannata vita. Questa volta Davide non aveva avuto ragione nonostante la sua perfezione.

Federica Magnabosco, Matteo Zoppello, Diego Lombarda.