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giovedì 18 marzo 2010

Capitolo 6

"Uscii dalla stanza e fui portata in una cella, da sola. E così rimasi per lungo tempo."

Ecco finalmente pubblicato il sesto ed ultimo capitolo del nostro racconto.

Buona lettura!

Gli scrittori_improvvisati

Capitolo 6

Il commissario ci aveva chiamati in centrale per le deposizioni ufficiali. Quando entrammo ci stava già aspettando nella stanza degli interrogatori, appena ci vide ci venne incontro e ci fece accomodare.
Dopo averci fatto alcune domande di cortesia, ci chiese se sapevamo qualcosa riguardo ad un ricatto che Luca stava attuando verso il preside della sua scuola. Io non ne sapevo nulla e nemmeno Davide, deve essere stato uno dei trucchi bastardi che fanno i poliziotti.
Ci chiese poi se eravamo pronti ad iniziare, e partimmo con le domande.
- Dove eravate la sera dell'omicidio, precisamente intorno alle ventitré e trenta?
- Eravamo a casa mia a dormire. - rispose Davide con tono sicuro.
Io mi limitai a fare un piccolo cenno come per dargli ragione, ma avevo le labbra cucite e le mie mani sudavano. Intanto il commissario segnava le risposte che gli fornivano in un taccuino.
Proseguì con le domande:
- Fino a che ora avete detto di essere stati al parco per aspettare Luca?
- Siamo arrivati alle 21, l'ora del ritrovo e abbiamo deciso di andarcene alle ventidue e trenta.- rispose nuovamente Davide.
- Conferma signorina Dall'Igna?- fece il commissario guardandomi dritta negli occhi.
- Si si – risposi con una voce molto incerta e tremante.
Andò avanti con domande di ogni genere riguardanti quella dannata sera. Finché a un certo punto il suo sguardo si fece più serio.
- Confermate tutte le informazioni che state fornendo?- ci domandò con aria sospetta.
- Si - rispondemmo all'unisono riflettendo sul perché di questa diffidenza.
- Mi potreste scrivere il vostro nome e cognome su questo foglio, per cortesia. - ci chiese porgendoci un foglio.
Lo fissammo entrambi con gli occhi sbarrati senza capire il motivo di questa richiesta, tanto che Davide sbottò con tono un po’ troppo sprezzante:
- Le posso chiedere l'utilità di questo?
- Se non vi spiace, attenetevi alle richieste e non discutete. - chiuse il commissario, senza darci nessuna possibilità di replicare.
Scrivemmo i nostri nominativi nel foglio e lo osservammo con aria interrogativa, spiazzata ma soprattutto spaventata . Allora il commissario si mise a spiegare:
- La scientifica ha fatto dei rilevamenti sul luogo del delitto. Nella stradina che conduce al sito dove è stato commesso l’omicidio, piena di fanghiglia a causa della neve caduta, sono state rilevate le orme di tre persone con numeri di scarpe 43, 45, e 38. La taglia della vittima erano un 45 e immagino che le vostre siano un 43 e un 38. Inoltre si notano chiaramente le orme di solo due persone che si allontano. Voi potreste ribattere che sono di tempi differenti le vostre orme e quelle di Luca Cecchetto. Quindi, abbiamo una prova che vi inchioda: vicino al corpo della vittima abbiamo trovato le lettere D.M. scritte dal vostro amico prima che morisse, vi dicono nulla?
Lo guardammo sconvolti senza essere in grado di rispondere. Così lui continuò il suo monologo:
- Sono le iniziali di entrambi i vostri nomi: Maria Dall'Igna e Davide Marin. La vostre informazioni sono chiaramente false e la vostra situazione è alquanto grave. In questo momento un poliziotto sta informando i vostri genitori della vostra situazione e saranno qui a momenti. Nel frattempo è meglio che restiate con le guardie ad attendere il loro arrivo.-
Ci avevano incastrati: quello stronzo di Luca ci aveva fregati alla grande. Sul viso, ma soprattutto nell’animo di entrambi c'era puro terrore. La nostra vita era rovinata.
Le guardie si avvicinarono prima a Davide e, appena cercarono di prenderlo per un braccio, lui si divincolò. Si voltò verso di me e iniziò ad inveirmi contro in preda al panico e con il viso solcato da grosse e pesanti lacrime.
- È tutta colpa tua Mary! Non dovevi colpirlo, sei una stupida! È stata lei io non ho fatto nulla!
Io ero bloccata. Quello che mi stava dicendo il ragazzo di cui ero innamorata, il ragazzo perfetto era inconcepibile. Mi stava distruggendo con quelle parole, ero incapace di fare qualsiasi cosa all’infuori di fissare Davide dritta negli occhi. Perché aveva detto che l’avevo colpito?
Fortunatamente il commissario intervenne:
- Stia calmo sig. Marin. Portatelo via! - ordinò rivolto alle guardie.
Poi continuò guardando me:
- È lei allora la colpevole di questo omicidio?
Ero amareggiata e profondamente delusa dal tradimento di Davide. Inoltre ero terrorizzata dal commissario che mi fissava come se sapesse tutto ciò che era successo quella dannatissima sera. Scoppiai in lacrime e confessai quello che era accaduto al commissario.
- No! Non c’entro! - singhiozzai - Ci eravamo dati appuntamento fuori da quel maledetto parco. Quando Luca era arrivato aveva iniziato a fare lo stupido e a dare fastidio a Davide. Davide non è il tipo che si fa mettere i piedi in testa sicché lo spinse con forza per fargli capire di piantarla...e...e poi Luca è scivolato su quella dannata lastra di ghiaccio ed ha sbattuto la testa contro il muro. È successo tutto così in fretta, ma per sbaglio. È stato tutto uno stupidissimo errore che non doveva succedere, non è giusto. Siamo scappati perché avevamo paura e non avevamo idea di cosa fare. Pensavamo che fosse morto! Del resto non respirava più, che dovevamo fare? - e scoppiai in un pianto disperato mentre il commissario mi fissava. Sembrava quasi intenerito dal mio piccolo show.
- Signorina Dall’Igna, se aveste chiamato aiuto ora lui sarebbe molto probabilmente ancora vivo. E nonostante io creda a quello che mi sta dicendo, come faccio ad essere sicuro che quello che ci sta dicendo non sia una bugia? Può provare che non è stata lei a compiere l’omicidio? – mi domandò con sincera preoccupazione.
Il commissario mi stava credendo: sarebbe bastato ancora un poco e avrei avuto salva la pelle dalla prigione.
- Secondo lei una persona bassa e mingherlina come me sarebbe stata in grado di spingere Luca? Ha visto quanto era alto e ben piazzato? Inoltre prima Davide, ha detto che io avevo colpito Luca, quando non è vero: è stato spinto ed è scivolato. Non c’è nessun segno sul corpo che dimostri che io l’ho colpito, giusto? Perché non è così!
Non erano grandi prove, ma il poliziotto sembrava essere ben disposto nei miei confronti.
- Bene signorina, ora sono costretto a farla portar via dalle guardie. La ringrazio per la collaborazione.
Uscii dalla stanza e fui portata in una cella, da sola. E così rimasi per lungo tempo.

Non vidi più Davide fino al giorno del processo, svoltosi circa due settimane dopo il nostro arresto: il commissario mi aveva presa in simpatia e aveva fatto in modo che il processo si compisse il più in fretta possibile, in modo che fossi ancora minorenne per l’udienza. Davide continuò ad accusare me di essere la colpevole per tutto il periodo prima del processo e anche durante esso.
Quando il giudice della corte dei minori stabilì che a Davide spettavano cinque anni di reclusione con l’accusa di omicidio colposo e omissione di concorso una lacrima mi rigò il volto: l’uomo perfetto non va in prigione e, di certo, non tradisce i propri amici. Capii in quel momento che Davide non era affatto perfetto. Avevo sbagliato ancora una volta.
Dopodiché pronunciò la mia pena: sei mesi per omissione di soccorso. Stop! Avrei voluto andare ad abbracciare il giudice: non mi aveva nemmeno accusata di concorso in omicidio! Solo sei mesi e poi sarei potuta tornare alla mia vita normale.
Lasciai il processo tra due guardie con un mezzo sorriso in volto e un unico pensiero in mente: di certo ero la più grande e la più brava bugiarda al mondo perché Luca l’avevo spinto io, ero stata io ad ucciderlo!


Federica Magnabosco, Matteo Zoppello, Diego Lombarda.