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giovedì 3 dicembre 2009

IL GRAN FINALE

La fine dello spettacolo.




Ed eccoci giunti al termine della nostra avventura,
con la quale speriamo di avervi divertito e appassionato.




Buona lettura!


Gli scrittori_improvvisati



Capitolo Sette

“Chissà poi perché se l’è presa tanto quello sbirro” pensava Marco mentre procedeva verso la trattoria. Subito dopo fu colto da un terribile dubbio: “Ma che ore sono?”. L’orologio lo informò che mancavano meno di dieci minuti all’inizio del colloquio.
Partì quindi in una corsa disperata per arrivare in tempo alla trattoria. Durante il tragitto, dopo meno di due minuti da quando si erano lasciati, incontrò nuovamente il giovane poliziotto. Egli si sentiva ancora terribilmente in colpa per come aveva aggredito il ragazzo e per il suo pianto pieno di vergogna. Fu solo per alleviare un poco il proprio senso di colpa che l’agente accostò e chiese al ragazzo se volesse un passaggio fino al luogo del colloquio. Marco accettò senza la minima esitazione, felicissimo di ottenere un aiuto dopo un giorno pieno solo di ostacoli da superare. Dopo che il ragazzo salì sulla volante entrambi sentirono che un grosso peso si era sollevato dal loro cuore.
- Da che parte andiamo? – domandò l’agente.
- Ehm, devi passare la strada più grande e andare sempre verso Cinisello. – furono le vaghe indicazioni di Marco. “Mi sembra” aggiunse poi nella propria mente.
Vagabondarono alla ricerca della trattoria per più di venti minuti: uno non conosceva nemmeno la meta e l’altro aveva la testa costantemente in un altro mondo.
- Ma tu sai dove devi andare, vero? – domandò l’agente che stava iniziando a scocciarsi.
- Sì sì! Ecco, ora svolta a destra! – mentì Marco in preda al panico.
- Ma per questa via ci siamo già passati almeno tre volte!
- Beh … ma le strade qui sono tutte uguali, è difficile orientarsi. – balbettò Marco.
Attraversarono tutto il paese e finirono in diverse strade chiuse che non portavano da nessuna parte. Quando ad un certo punto a Marco venne un’idea che ritenne assolutamente brillante.
- E se provassimo a chiedere indicazioni a qualche abitante del paese? – domandò imbarazzato al proprio autista.
- Senti, se non arriviamo entro i prossimi due minuti ti lascio qua per strada e ti arrangi a trovare quella dannata trattoria! – si infuriò il poliziotto – Guarda, prova chiedere a quel ragazzo dove si trova il posto.
Marco uscì dall’auto e ottenne dal ragazzo le informazioni che cercava: “Tieni sempre la sinistra agli incroci e vedi che ci arrivi! Anche nella vita, bisogna stare sempre a sinistra” gli aveva detto. Riferì le istruzioni all’agente e si avviarono. Uscirono dal centro abitato e dopo poco si trovarono fuori dal centro della cittadina, perché le indicazioni del ragazzo erano sbagliate.
Decisero di aggirare il paese, senza entrare nel nucleo. Marco aveva paura di guardare l’orario e preferiva non sapere di quanto fossero in ritardo. Quando, come per miracolo, trovarono un cartello che indicava loro la strada da percorrere per arrivare in trattoria.
- Ormai non ci speravo più. Ero stato colto dal dubbio che il posto non esistesse nemmeno! – esclamò il poliziotto sollevato al pensiero di essere quasi giunto al termine della propria odissea.
- Guardi! È là, in fondo alla via! – Marco faceva fatica a credere alle proprie parole.
L’esterno del locale appariva molto rustico, ma affascinante: profumava di tempi passati. L’edera si inerpicava lungo i muri e una signora stava aprendo le imposte di legno per far passare aria all’interno. Sotto il portico stava seduto un signore corpulento, molto alto e panciuto, abbandonato su una sedia troppo piccola per lui. Aveva la barba sfatta e fumava una sigaretta. Sembrava essere il padrone del posto.
- Bene giovanotto, ora ti lascio al tuo colloquio. Buona fortuna! – salutò il poliziotto.
- Arrivederci e grazie tante. – si congedò Marco allegramente.
L’autista partì ancor prima che il giovane fosse sceso dalla volante: non ne poteva più di quel babbeo che gli aveva fatto perdere mezza mattinata. “Maledetto senso di colpa” pensava mentre si allontanava dal casale.
Il padrone della trattoria squadrò il ragazzo che era venuto certamente per il colloquio da cameriere. Era in ritardo di almeno mezz’ora, puzzava di sudore e di benzina, era bagnato dalla testa ai piedi, era tutto scompigliato ed era appena sceso da una volante.
- Lei pensa di riuscire a ottenere il posto giovanotto? – chiese il pancione.
Marco vide il proprio riflesso sulla finestra linda, appena pulita e capì il perché di quella domanda. Ma preferì non rispondere.
- Bene, entriamo e vediamo se almeno sai fare qualcosa. – continuò l’uomo.
“Mi farà scappare tutti i clienti se si presenta così ogni giorno” pensò fra sé e sé il capo.
Marco lo seguì ed entrò nella bocca del leone: “Speriamo di non venir mangiato”.

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